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Nella guerra sui vaccini il disprezzo tra Pd e M5S

Scritto da CYBERMED NEWS
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vaccini

Fino a poco più di un anno fa si occupavano di vaccini soprattutto le autorità sanitarie e, nel mondo web, ne discutevano le associazioni dei genitori che avevano - e hanno - molto a cuore l'argomento. La politica era presa da altro. Ogni tanto un commento di circostanza, qualche presa di posizione. Ma niente di che. Nell'autunno del 2016 tutto cambia. E rapidamente. Le forze politiche iniziano a dichiarare, a schierarsi, ad aprire un fronte di battaglia nel Paese che cattura l'attenzione dei media e dell'opinione pubblica per mesi e mesi. Fino alla approvazione della legge sui 10 vaccini obbligatori, avvenuta nello scorso luglio.


In prima fila tra i partiti, anche se forse non è necessario ricordarlo, c'è il Pd, il più attivo e impegnato, anche perché essendo a guida del governo, ha il compito di chiamare le truppe a raccolta e di serrare le fila nel mondo medico-sanitario. Ad aprire le danze della polemica è Federico Gelli, responsabile della Sanità dei Dem, che il 18 novembre lancia un preciso messaggio: "...i medici devono adoperarsi per contrastare in ogni modo la disaffezione a vaccinarsi da parte delle persone. Ma, soprattutto, è lo Stato a dover tornare a farsi carico della questione... Anche per questo, e dunque per poter riprendere in mano la sanità a livello centrale, e rilanciare un vero Piano vaccinale nazionale, sarà decisiva la sfida referendaria del prossimo 4 dicembre”.

Quella consultazione costituzionale sembra diventare la panacea di ogni male italiano. Un toccasana anche per la salute dei cittadini. La convinzione - più che altro ideologico/politica - che con il "sì" la Sanità migliorerebbe, soprattutto nelle Regioni più deficitarie dal punto di vista del Servizio pubblico, diventa un leit motiv della campagna referendaria: dai partiti del "sì" alla ministra Beatrice Lorenzin, dalle associazioni dei medici alle società scientifiche, il messaggio è unidirezionale. Ma è sbagliato.

Perché è sbagliato il presupposto: la Sanità non è peggiorata in seguito alla riforma del Titolo V della Costituzione del 2001 - che attribuiva maggiori poteri alle Regioni - bensì a causa dei problemi più profondi, radicati da decenni nella struttura, nella cultura, nella società di alcune Regioni, in particolare del Centro-Sud. In ogni caso il 4 dicembre, con la dilagante vittoria dei "no", gli illusori slogan da campagna elettorale svaniscono nel nulla. (E oggi, semmai, dopo il voto referendario in Lombardia e in Veneto, si apre uno scenario diverso, con una maggiore spinta all'autonomia regionale in diversi settori, con la Sanità in testa).

Sui vaccini lo scontro politico da sotterraneo si fa lampante, esplodendo alla luce del sole quando vengono prese decisioni molto divisive. L'Emilia Romagna approva una legge (con 27 voti favorevoli del Pd, 5 contrari del M5S e 10 astenuti, tra i quali Sel e Forza Italia) che vieta l'accesso agli asili ai bimbi non vaccinati. Per i grillini, e non solo per loro, la decisione è discriminatoria e punitiva. Ma la senatrice Pd Donella Mattesini attacca: "...si tratta di una scelta irresponsabile che rischia di compromettere la tutela della salute della parte più fragile della nostra società, le bambine e i bambini, che gli adulti hanno il dovere  di garantire come genitori, come amministratori e come operatori della sanità". È il 22 novembre 2016: la contrapposizione tra Pd e 5 Stelle è ormai netta, totale, e assumerà forme crescenti di violenta verbale, dalla quale traspare un odio viscerale tra i "duellanti".

La polemica è comunque destinata ad allargarsi. Sulla base del Piano Vaccinale Nazionale varato a gennaio (che, bisogna sempre ricordarlo, completamente diverso dalla legge imposta a luglio), viene lanciata qualche "polpetta avvelenata" - e raccolta da giornalisti disattenti - sul fatto che le Regioni sono tutte d'accordo affinché si proceda con l'obbligo vaccinale come prerequisito per andare all'asilo. L'alzata di scudi contraria a questa ipotesi viene, direttamente e indirettamente, da alcune amministrazioni del Nord che costringono la ministra Beatrice Lorenzin a smentire, e a dire che è stata solo avviata una "interlocuzione ministeriale". Due paroline magiche subito cavalcate dal Pd: "L'interlocuzione sull'obbligo vaccinale...è senza dubbio un’ottima notizia. E’ questa la via da seguire per rispondere rapidamente a quel preoccupante calo delle coperture registratosi negli ultimi anni”, commenta il solito Gelli. Che però coglie l'occasione per affondare il colpo: "...continuo a rilanciare anche l’idea della possibile radiazione dall’Albo per quei medici che continuano a sconsigliare ai genitori il ricorso ai vaccini...". Il "richiamo alle truppe" su una linea di tolleranza zero, è inequivocabile. Siamo a gennaio e, come ho già scritto, ad aprile arrivano infatti le prime radiazioni.

L'obiettivo politico prioritario del Pd sono però i 5Stelle. Che a fine gennaio hanno annusato l'aria che tira: “Sui vaccini è in atto un gioco delle parti che non ci piace affatto. Quando le parole e le politiche non vengono pesate attentamente viene il sospetto che si stia facendo leva sulle paure dei cittadini. Fatta salva la premessa - necessaria al fine di evitare sterili polemiche  - che il M5S non ha una posizione antivaccinista, riteniamo che un tema così delicato debba essere affrontato in modo civile e con estremo equilibrio e non, come in alcuni casi vediamo, come una crociata”. Sono i deputati M5S in Commissione Affari Sociali a schierarsi.

E aggiungono: «Entrando più nello specifico della questione vaccinazioni obbligatorie queste, come tutti sanno, sono 4. Peccato che l’obbligatorietà dei vaccini è stata abbandonata da alcuni paesi europei che pure l’avevano adottata, mantenendo comunque alti livelli di copertura vaccinale grazie a una rete di informazione dettagliata e a servizi di qualità...Negare un servizio - il nido - e un diritto - l’accesso alla scuola materna - in un paese dove non ci sono epidemie e nel quale la copertura vaccinale è alta, mentre al contempo i servizi informativi e ambulatoriali sono carenti, delinea un quadro dove qualcosa non torna. Intanto si cominci dalle basi: si diffondano i quattro vaccini obbligatori, si migliorino i servizi e, già che ci siamo, non si neghino i danni da vaccino - 673 casi accertati dal ministero della Salute - per i quali centinaia di persone in Italia attendono giustizia". Pochi giorni dopo i 5S tornano alla carica mettendo altra carne sul fuoco:..."L’obbligo di sottoporre i cittadini a trattamenti e cure, ad oggi, in Italia è vietato dalla Costituzione. Senza prima affrontare questo aspetto, a sua volta estremamente delicato e legato a doppio filo con il principio della libertà individuale, si rischia di finire in un ginepraio nel quale la scienza viene relegata a un ruolo secondario”.

Senza dubbio il M5S ha un po' di coda di paglia sull'argomento. Certe battute di Grillo su "virusini" diventano un boccone prelibato per i suoi avversari. Avevano già rincarato la dose di corbellerie con la teoria delle scie chimiche oppure con le fantasie di qualche militante Cinque Stelle, come un certo Vanoli, che fa rizzare i capelli ad un pelato:  "Ogni vaccinazione produce omosessualità, perché impedisce la formazione della personalità. È una micro forma di autismo,  se vogliamo...".  Difficile superare queste balle spaziali. Eppure ci riuscì tre anni fa una persona che, almeno sulla carta, dovrebbe essere insospettabile: la ministra Lorenzin. A Porta a porta, nell'ottobre del 2014, diventò recordwoman delle bufale: "Ricordo che a Londra l'anno scorso sono morti 270 bambini per una epidemia di morbillo...".

Praticamente secondo lei era avvenuta una strage. In realtà nel 2013 in Inghilterra morì una sola persona e aveva 25 anni. Non contenta, la Lorenzin a Piazza Pulita, nell'ottobre del 2015, ripetè lo stesso concetto: "L'anno scorso a Londra sono morti più di 200 bambini...". Forse si riferiva al 2013, però se era il 2014 non ci fu neanche un caso di morte per morbillo. Altro che fake news: qui eravamo al procurato allarme nei confronti della popolazione da parte di un ministro della Repubblica. Il quale se sbaglia in modo tanto grave, paga. Invece niente. E non mi risulta che la ministra abbia chiesto scusa agli italiani per aver fatto dichiarazioni così terrorizzanti. Ma destituite di qualsiasi fondamento. E neanche mi risulta che qualcuno del Gotha della sanità o della ricerca - sempre pronto a denunciare le falsità del web diffuse dagli antivaccinisti - abbia detto una parola in merito: con la ministra meglio essere allineati e coperti. Non si sa mai. Si dimentica però che non stigmatizzare simili superbufale fa perdere credibilità.

Comunque i botta e risposta tra i protagonisti principali dello scontro medico/sanitario vengono accompagnati da altri episodi, che coinvolgono vari interlocutori su temi inerenti al "caso vaccini", come ad esempio la libertà di espressione. Secondo un parte del mondo medico e della ricerca - quella che considera la scienza un "fortino" dentro il quale racchiudere la politica vaccinale come tema d'élite - non ci può essere confronto, discussione sui vaccini. Chi esce dal seminato, va punito, o come minimo censurato. Dentro questa logica autoritaria e non democratica si muove il Pd che allarga il fronte dello scontro: "Domani alla Camera dei deputati sarà ospitata una conferenza stampa dal titolo ‘Vaccini, l’altra verità’, la conferenza stampa ospiterà un dream team di anti vaccinisti" sostiene Giuditta Pini del Pd, "...la loro teoria è che i vaccini non siano sicuri e quindi siano pericolosi, e mischiando dati senza contraddittorio fanno in buona sostanza disinformazione e confusione. La cosa più grave è che la Camera, dopo l’enorme lavoro fatto in questi anni dalla commissione Affari sociali sull’informazione e la diffusione della pratica vaccinale, ospiti questo evento. La cosa più triste è che sia stato organizzato da un deputato di Mdp”. A dare man forte è ancora Gelli che si spinge oltre: "...chiedo al capogruppo di Mdp Laforgia di bloccare lo svolgimento della conferenza anti-vaccini che si dovrebbe tenere domani alla Camera”.

E' il 12 aprile e il giorno successivo la conferenza, promossa del deputato Adriano Zaccagnini, si tiene regolarmente, sia perché la presidente della Camera, Laura Boldrini, non può bloccare un incontro stampa promosso da un parlamentare, sia perché il Movimento democratico e progressista ha una linea di opposizione sui vaccini, che si concretizza in seguito con la presentazione di una proposta di legge - a prima firma Nerina Dirindin - alternativa a quella del governo. Oltretutto la conferenza si focalizza su un aspetto specifico: "Purtroppo in Italia non si fa adeguata vaccinovigilanza, come la legge impone, per questo a breve presenterò un'ulteriore interrogazione in cui chiederò al governo di rendere pubblici i dati della vaccinovigilanza di competenza dell'Aifa, stranamente non più disponibili dal 2013 ad oggi" sostiene Zaccagnini.

"Questi dati, composti dalle segnalazioni e dalle caretteristiche delle reazioni avverse in seguito alle vaccinazioni, sono fondamentali per capire la sicurezza dei vaccini stessi e per informare i genitori, come ne hanno diritto, riguardo le tipologie e i tempi delle reazioni avverse. Siamo in un enorme paradosso, in cui una parte del governo chiede l'obbligo delle vaccinazioni con la minaccia di ledere diritti costituzionali, non fornendo al contempo ai genitori le evidenze scientifiche sulla sicurezza dei vaccini e sull'innocuità dell'aumento del carico vaccinale". È tuttavia vero che alcuni dei partecipanti all'incontro sono perplessi sui vaccini, come verificai con una domanda ad una dottoressa presente: "Lei consiglia ai suoi pazienti di vaccinarsi?". Il "sì" arrivò a fatica.

Pochi giorni dopo, il 17 aprile, proprio la farmacovigilanza è al centro di Report. Dopo la messa in onda, sul famoso programma d'inchiesta piovono tuoni e fulmini. E solo per aver posto domande sui vaccini contro il papilloma virus (HPV), sulla loro sicurezza e sul ruolo di controllo da parte delle istituzioni sanitarie. La puntata viene attaccata duramente per il modo in cui è stata condotta l’inchiesta, giudicata parziale e senza contraddittorio. A posteriori si potrebbe obiettare che un programma poco equilibrato, di fronte alla martellante campagna televisiva provaccinale che non ha mai dato voce agli studiosi e agli esperti dubbiosi nei confronti delle proposte di obbligo e di esclusione dei bambini dagli asili, è ben poco cosa. Tant'è. La redazione di Report, dove non lavora più Milena Gabanelli, viene considerata cialtronesca e anche peggio. Eppure il servizio giornalistico ha una solida base di partenza,  perché la sollecitazione viene da Cochrane, una delle associazioni più accreditate nel campo della revisione scientifica (e, come sappiamo, molto severa nei confronti del decreto, poi trasformato in legge). Ma su tutto emerge un aspetto incontrovertibile: i dati sulla farmacovigilanza, parziali e carenti. Non a caso le critiche riguardano l’Agenzia del Farmaco (AIFA) e il sistema sanitario nazionale in generale per come viene gestita la segnalazione degli effetti avversi (che ricade in primo luogo sotto la responsabilità dei medici).

In realtà il contenuto del programma non interessa: Report è uscita dal seminato, ha usato toni eccessivamente allarmistici e, soprattutto, non ha sottolineato abbastanza gli effetti positivi dei vaccini HPV in termini di prevenzione. Il conduttore del programma, Sigfrido Ranucci, è costretto a difendersi: "Report non ha mai messo in dubbio l’utilità dei vaccini né ha fatto alcuna campagna contro: chi lo asserisce non ha visto la trasmissione. Ho detto subito, all’inizio della puntata, che i vaccini sono utilissimi, rappresentano la scoperta più importante per la prevenzione negli ultimi 300 anni. Io stesso mi vaccino e ho fatto vaccinare mia figlia. Abbiamo parlato di come funziona la farmacovigilanza".

Chi comanda nella Sanità - e chi fa da spalla e supporter  - sembra terrorizzato dal fatto che qualcuno possa seminare incertezze tra i cittadini. Dall'Istituto superiore di Sanità al ministero, dai medici scaccia-somari alle società scientifiche, il messaggio è uno solo: bisogna credere, obbedire, vaccinarsi. Le domande, gli approfondimenti giornalistici, le inchieste (in difesa di Report si schiera l'Associazione stampa romana, che indirettamente viene difesa anche da Silvio Garattini il quale in una intervista al "Fatto" dice che "Il vaccino che agisce contro il virus Hpv è efficace, però ancora non sappiamo quanto"), sono il "male" che va combattutto ad ogni costo. Perché il diritto di parlarne spetta solo alla Scienza, in particolare quella che sostiene il governo. Se invece qualcuno ha da obiettare, nonostante sia autorevole, non va ascoltato.

L'obiettivo è creare una contrapposizione tra i pro-vaxx e i no-vaxx. Dalla quale i secondi possono uscire solo perdenti. Al Partito democratico, e a qualche Torquemada di contorno, fa parecchio comodo questo dualismo, anche perché nel movimento dei vaccini c'è di tutto e di più: conoscenza, informazione, consapevolezza, ma anche ignoranza, superficialità, becerume, ideologia. Così, nella comunicazione, si fa leva sulla evidente fragilità delle tesi che negano il valore e l'importanza delle vaccinazioni. Per i sostenitori della obbligatorietà totale è una partita in discesa, dalla vittoria facile. Ma vincere non sempre vuol dire convincere.

 

http://www.informasalus.it/it/articoli/guerra-vaccini-disprezzo-pd-m5s.php


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